La scritta contro la memoria delle foibe all'Università di Firenze

Facebook e Instagram stanno dalla parte di Tito

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Se fosse vissuto allora, Mark Zuckerberg avrebbe appoggiato le truppe comuniste di Tito. È il paradosso dei social che non censurano più chi posta contenuti violenti, ma mettono il bavaglio a chi denuncia gli artefici di scritte violente. E così, lungi dal reprimere il famoso linguaggio d’odio, non fanno altro che alimentarlo.

Ne è testimonianza esemplare la vicenda che ha coinvolto l’Università di Firenze dove alcuni giorni fa, su un muro del polo di Novoli, è comparsa una scritta offensiva verso chi ricorda i martiri delle foibe e le vittime dell’esodo da Istria, Dalmazia e Venezia Giulia: «Il vostro revisionismo non cancellerà la nostra memoria partigiana», si leggeva, con tanto di stella rossa disegnata a fianco. L’episodio, i cui artefici sono verosimilmente riconducibili alla galassia antifa e antagonista, è stato subito denunciato sui social dai responsabili di Azione Universitaria Firenze e dagli esponenti di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale, il capogruppo Alessandro Draghi e il consigliere Jacopo Cellai: «Ennesima vergogna sui muri dell’Università. Assistiamo schifati a frasi che, ancora una volta, calpestano la memoria dei Martiri delle Foibe proprio in vista del Giorno del Ricordo. A questi pseudo studenti è consentito tutto», era scritto nel testo, accompagnato dalla foto della frase ignominiosa.

Lo schiaffo ai martiri delle foibe

Un'esecuzione davanti a una foibe

Il messaggio di condivisibile indignazione per l’accaduto veniva tuttavia segnalato da qualche utente sui social e comportava l’oscuramento e il blocco sia dell’account Instagram di Azione Universitaria Firenze che del profilo Facebook del suo responsabile Matteo Zoppini, per una possibile violazione delle «linee guida della comunità». Quasi che i propagatori di odio fossero quanti si battono per una memoria completa, e non invece quanti liquidano come forma di «revisionismo» il ricordo doveroso dei martiri della furia omicida titina. Siamo al risvolto stupido e spietato dei social che si schierano dalla parte dei carnefici e non delle vittime e, tra segnalazioni e algoritmi, diventano il nuovo luogo dove coltivare una memoria parziale e faziosa, che destini ancora all’oblio e faccia morire per l’ennesima volta gli infoibati. Conferma della deriva peggiore della cancel culture, capace di mostrarsi impietosa anche nei confronti dei morti innocenti.

Il silenzio delle istituzioni

Contemporaneamente alla censura social si assisteva al silenzio colpevole, e non meno roboante, delle figure istituzionali che avrebbero dovuto condannare l’episodio. È vero, già il giorno dopo la scritta offensiva veniva rimossa dai muri dell’università, ma né la rettrice Alessandra Petrucci né il sindaco di Firenze Dario Nardella stigmatizzavano formalmente l’accaduto né ribadivano il ruolo fondamentale di una celebrazione come quella del Giorno del Ricordo. «In procinto del 10 febbraio», ci dice Zoppini, «assistere al silenzio da parte delle istituzioni che dovrebbero custodire la memoria è inammissibile». Fortuna che almeno il Consiglio comunale di Firenze decideva di approvare l’ordine del giorno portato in aula da Fdi che chiedeva di condannare il messaggio comparso sui muri dell’università. Anche qui tuttavia c’erano tristi distinguo: tre consiglieri del gruppo Sinistra Progetto Comune preferivano non votare, evidentemente credendo giusta l’azione sia dei cretini responsabili delle scritte che dei partigiani di Tito…

Il critico d'arte Tomaso Montanari

Ci si potrebbe sorprendere del clima di parziale o totale reticenza da parte delle istituzioni e di chi dovrebbe avere il compito di educare alla conoscenza e alla memoria, se non si tenesse conto del contesto culturale italiano e, nella fattispecie, toscano. A pochi chilometri da Firenze, nell’Università per Stranieri di Siena, è stato possibile che il suo rettore, lo storico dell’arte Tomaso Montanari già artefice di una sgangherata dichiarazione che marchiava il Giorno del Ricordo come una «falsificazione storica» – organizzasse ieri un convegno, quello sì revisionista nel senso peggiore del termine, intitolato «Uso politico della memoria e revanscismo fascista: la genesi del Giorno del Ricordo», a cui era invitato, tra gli altri, lo storico Eric Gobetti, autore di un libro negazionista sulle foibe.

Un evento al cui riguardo Zoppini dice: «Oggi Azione Universitaria nazionale farà una manifestazione davanti all’Università per Stranieri di Siena per protestare contro l’assurdità di organizzare un convegno simile in un luogo che dovrebbe formare le coscienze anziché diseducarle». Parimenti sconcerta la scelta dell’Università di Firenze di non organizzare per il 10 febbraio alcuna cerimonia ufficiale di commemorazione delle vittime delle foibe e dell’esodo, quasi che si trattasse di tragedie minori non degne di venire ricordate in sedi accademiche. Parliamo della stessa università dove, avverte Zoppini, «i collettivi di sinistra occupano sistematicamente spazi adibiti allo studio, organizzano feste non autorizzate all’interno dei plessi e ci sono stati casi di aggressione a studenti di destra».

Ma forse i sedicenti custodi della «memoria partigiana», proprio come allora i soldati di Tito, hanno licenza di fare qualsiasi cosa e di restare impuniti.

Libero, 9 febbraio 2022

 

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