Matteo Salvini e Giorgia Meloni

Se la Lega dà dei fascisti a Fratelli d’Italia

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Avatar photo Gianluca Veneziani

Va bene che, dopo l’elezione di Mattarella, Lega e Fratelli d’Italia sono diventati (temporaneamente?) fratelli coltelli e si scambiano frecciate reciproche, tra l’orgoglio ferito dei secondi e la pretesa dei presunti Vincitori di infierire sui Vinti. Però perché buttarla su questioni storiche e ideologiche, peraltro fasulle, e non attenersi strettamente al merito della contesa politica? Perché assestare colpi bassi, accusando l’ex amico e alleato, e ora miglior nemico, di essere un fascista?

Provavi così un certo fastidio, oltreché sorpresa, nel leggere ieri le dichiarazioni, evidentemente figlie di un furore quirinale non ancora sopito, dei due capigruppo della Lega in Parlamento, il deputato Riccardo Molinari e il senatore Massimiliano Romeo: «C’è chi ha voluto tradire e distruggere il centrodestra? Noi lo ricostruiremo più forte di prima, ma senza trasformisti dell’ultim’ora ed estremisti legati a ideologie sconfitte dalla Storia che antepongono vittorie di Pirro al bene comune solamente per sollevare ulteriori tensioni».

I doppioni dell’Anpi

Ecco, cari Molinari e Romeo, sapete cosa significa bollare gli esponenti di Fratelli d’Italia come «estremisti» ancorati a «ideologie» nere superate e vinte, e attribuire loro il marchio di infamia con cui gran parte della sinistra prova a delegittimarli, prima ancora che abbiano il diritto di parlare, di agire, di fare politica? Significa assecondare il gioco di piddini ed ex comunisti, di Fanpage e di Repubblica, dei Formigli, dei Fiano, dei Fratoianni, delle Murgia e dei Berizzi, di quanti sono ossessionati dalla minaccia nera e non hanno altra argomentazione contro l’ascesa della Meloni che darle a priori della fascista.

Non ci pare una strategia vincente, anche a fini elettorali: il trucco della sinistra è risaputo, fa leva sul divide et impera, spaccare la destra e fare in modo che i suoi rappresentanti si scatenino gli uni contro gli altri. O attirare a sé una parte della destra, ufficialmente per nobilitarla, in realtà per demolirla: lo hanno già fatto con Fini e si sa come è finita. Vale la pena abboccarci di nuovo?

Permetteteci anche una chiosa su quel «c’è chi ha voluto tradire il centrodestra» e sull’attacco ai «trasformisti». Tutto si può contestare alla Meloni e ai suoi tranne il fatto di non essere leali e coerenti: Fdi aveva votato compatta anche per la Casellati, caldeggiata dalla Lega, in nome dell’unità della coalizione. Ma non si poteva certo chiedere ai meloniani di sostenere Mattarella, a cui tutte le forze di centrodestra sin dall’inizio avevano detto no. E allora: chi ha tradito chi?

L’evoluzione della Lega nel tempo è comprensibile e rispettabile, essendo divenuta via via, da partito solo federalista, una formazione sovranista e poi capace, in nome della realpolitik, di dialogare e governare con gli europeisti. La giravolta incomprensibile sarebbe però quella di arruolarsi nelle file degli antifascisti di professione. Una Lega ridotta a doppione dell’Anpi, no, quella non sarebbe sopportabile.

Libero, 1° febbraio

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