L'ex magistrato Carlo Nordio

Perché Nordio è il candidato ideale per il Colle

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Il suo destino è riassunto nell’anagramma del suo cognome: Ordino. Tutta la carriera di Carlo Nordio, ex magistrato quasi 75enne, già procuratore aggiunto di Venezia, ora indicato da Fratelli d’Italia come figura autorevole per il Quirinale, è stata contrassegnata dal tentativo (riuscito) di mettere ordine e dare ordini. Nel senso di un’applicazione rigorosa della legge e di uno sforzo costante di semplificazione contro il caos normativo e giudiziario.

Ordine e disciplina Nordio ha cercato di ristabilire negli anni ’80 con un’inchiesta sulle Br in Veneto, avendo intuito che la loro azione non si era esaurita dopo la morte di Moro. E ancora, durante Tangentopoli, l’ex pm ha provato a far chiarezza sulle responsabilità di tutti i partiti, portando avanti un’indagine sulle coop rosse e i presunti finanziamenti al Pci. Ma, a differenza del giustizialismo del pool di Milano, Nordio, da liberale convinto, si è tenuto fedele al principio per cui «la carcerazione preventiva deve essere un’eccezione giustificata» e mai la regola. Ciò non ha attenuato l’efficacia dei suoi interventi contro la corruzione, anche in tempi recenti. Consapevole che a determinare tale fenomeno «non è solo l’avidità umana ma anche la complessità delle leggi», l’ex magistrato è stato titolare dell’inchiesta sul Mose, caso esemplare di «un sistema di sprechi e corruzione capillare». Un ritorno all’ordine Nordio ha invocato anche in merito all’immigrazione, demolendo la retorica dell’accoglienza a prescindere: lucidamente ha notato come «i trafficanti vogliono farci cadere nell’emotività» imbarcando bimbi destinati a morire durante il viaggio; ha ricordato che buona parte di chi arriva da noi poi delinque per ripagare i trafficanti; e quindi sostenuto la tesi dell’«infondatezza» dei reati contestati a Salvini e la natura «politica» dei processi cui è stato sottoposto.

Contro le manette facili

Ma non si può avere ordine nel Paese se la propria categoria in primis è disordinata. E allora ecco i ripetuti affondi di Nordio, già presidente della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale, contro il sistema della giustizia, connotato da manette troppo facili – da cui il suo appello ad affidare la competenza della custodia cautelare a un organo collegiale e non a un solo giudice – e da condanne eccessive: «Le pene», avvertiva Nordio in un libro scritto con Pisapia, «non devono essere aumentate, semmai diminuite». Né l’ex pm ha risparmiato i suoi j’accuse alla magistratura, affetta da correntismo (male curabile col sistema del sorteggio, a suo dire), eccessivo narcisismo dei suoi membri («Il pericolo sta nell’esasperato protagonismo di alcuni di loro») e da un’inadeguatezza del Csm, che «ha messo il coperchio sulla pentola che bolliva» in merito al sistema svelato da Palamara. Fare ordine per Nordio significa anche evitare il guazzabuglio di norme, come i confusionari Dpcm partoriti dal «governo di dilettanti» guidato da Conte.

Di altissima statura intellettuale e professionale, mai impegnato nell’agone politico e super partes come dovrebbe essere un magistrato (oltreché un capo dello Stato), Nordio piace pure per il suo basso profilo, l’umiltà che hanno solo i grandi. «Se cercassero tra i giuristi», ha detto in un’intervista a Libero, «ce ne sono molti assai più preparati e autorevoli di me. Credo che la carica di capo dello Stato debba esser affidata a un politico, e io non ho mai fatto parte neanche di un Consiglio comunale». Il miglior motivo per farne un valido presidente della Repubblica.

Libero, 25 gennaio 2022

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