Massimo Cacciari e Alessandro Barbero

Pure la sinistra si è stufata del linguaggio inclusivo

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«Lə presidentə della commissione ha valutato l3 candidat3 e l3 ha reputat3 idone3 per il ruolo di professorə. Firmato: lə ministrə dell’Università». Può sembrare un testo scherzoso o scritto di fretta e perciò pieno di refusi, cifre e strambi segni matematici. È invece un esempio, molto vicino al vero, del cosiddetto linguaggio inclusivo che, per evitare di discriminare persone di genere fluido, non riconducibili ai sessi maschile e femminile (almeno questa è la loro percezione), e scongiurare il “sessismo grammaticale”, ricorre a simboli dai suoni impronunciabili: non più solo l’asterisco (*) o la chiocciola (@), ma anche lo schwa (ə) per il singolare, al posto delle desinenze -a, -o ed -e, e lo schwa lungo (una specie di 3) per il plurale, al posto di -i ed -e.

Il dramma sarebbe già grande se questi segni venissero utilizzati solo da qualche scrittore o scrittrice, pardon scrittorə, radical chic intenzionato a dimostrare il proprio snobismo, vedi ad esempio Michela Murgia. Ma il dramma diventa tragedia nel momento in cui queste perversioni lessicali, vere forme di pornografia linguistica, diventano parte integrante dei documenti di un concorso universitario: per l’esattezza, si tratta della recente procedura concorsuale nazionale per l’abilitazione a prof universitario di prima e seconda fascia nel settore Organizzazione aziendale.

Orrori lessicali

Nei verbali relativi al concorso, prodotti dalla commissione di docenti guidata dal prof. Luigi Maria Sicca dell’Università di Napoli, fioccavano frasi come «Si insedia la Commissione nazionale per l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professorə universitario […]. Sono presenti i Professor3», «Ciascun componentə della Commissione dichiara di non avere relazioni di parentela con gli altr3 Commissar3», «La consultazione da parte dell3 Commissar3 delle pubblicazioni dell3 candidat3 soggette a copyright avverrà nel rispetto della normativa vigente» (ma evidentemente non della lingua italiana). Anche nei giudizi sui candidati ricorrevano in modo sistematico espressioni mostruose come «Professorə Associatə», «è valutatə», «Abilitatə».

Di fronte a questo scempio un pezzo di mondo della nostra cultura ha levato la propria voce di protesta. È nata da qui la petizione del linguista Massimo Arcangeli, firma di Libero, su change.org, che ha già raccolto quasi 15mila firme e chiede di impedire il ricorso a questi orrori grafici nei documenti ufficiali e nell’uso comune. L’aspetto interessante è che a questa campagna hanno aderito anche molti intellettuali o artisti progressisti, come il filosofo Massimo Cacciari, lo storico Alessandro Barbero, il direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais e l’attore Ascanio Celestini. È la conferma che anche la sinistra si è stufata di questo andazzo e che la missione di non violentare l’italiano non è una battaglia faziosa o di retroguardia animata da pregiudizi ideologici, ma una sfida di civiltà, che si schiera dalla parte del buon senso, della comprensibilità e della bellezza fonetica del nostro idioma.

La petizione per salvare la lingua

Come avvertono infatti i sottoscrittori dell’appello, lo schwa e simboli analoghi «sono il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività» e produrrebbero, se adottati nel parlato, effetti sonori tragicomici tali da trasformare «l’intera penisola in una terra di mezzo compresa fra l’Abruzzo, il Lazio meridionale e il calabrese dell’area di Cosenza». I firmatari intendono anche sottoporre la petizione al ministero dell’Università e sondare insieme ai linguisti forensi i possibili risvolti legali della vicenda perché, come ci dice Arcangeli, «sono in ballo questioni legate al rispetto della lingua nazionale nei documenti ufficiali».

Prima di assistere al funerale della nostra lingua, desideriamo anche noi lanciare un appello, rigorosamente inclusivo, a chi sta mortificando l’italiano con l’uso dello schwa: «Fottetevi tutt3 quant3, scrittorə, professorə e commisarə».

Libero, 8 febbraio 2022

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