Flavio Briatore mostra la sentenza di assoluzione

Flavio Briatore: «I giustizialisti mi chiedano scusa»

· 6 minuti di lettura
Avatar photo Gianluca Veneziani

C’è una voluta una dozzina di anni perché venisse assolto. Un periodo in cui ha dovuto subire 6 processi e si è dovuto sentir dare dell’evasore mondiale, pur non essendolo. L’assoluzione di ieri di Flavio Briatore, condannato nel 2018 in appello con l’accusa di aver evaso 3,6 milioni di euro allo Stato per l’utilizzo del suo gigantesco yacht, il Force Blue, già sequestrato nel 2010 dalla Guardia di Finanza, è indubbiamente una buona notizia. Ma con il retrogusto amaro avvertito da chi, nel frattempo, ha dovuto subire «un vero calvario», come lo definisce lui stesso.

Briatore, è più sollevato o arrabbiato per questo processo infinito?

«Sull’assoluzione dico: la giustizia trionfa e per fortuna ci sono giudici che cercano la verità. Ma mi chiedo che giustizia è se un processo dura 12 anni e costringe un innocente a convivere con un incubo».

Dopo il rinvio della Cassazione, la Corte d’Appello di Genova, pur a reato già prescritto, ha deciso di assolverla nel merito, insieme agli altri tre indagati, perché «il fatto non costituisce reato».

«Non solo. La Cassazione ha rinviato due volte in Appello, fatto molto raro, indicando di rifare meglio il processo, che era sbagliato».

L’accusa le contestava di aver simulato un’attività commerciale di noleggio che le avrebbe consentito di utilizzare il Force Blue per uso diportistico, senza versare la dovuta Iva. Ma quell’attività commerciale non era affatto simulata, giusto?

«Sì, noi eravamo i proprietari della società armatrice della barca, che non è mai stata utilizzata per uso diportistico, ma per charter, cioè per noleggio. In tutti questi anni la società ha fatto ben 8 milioni di charter. Io stesso ho sempre pagato a bordo lo stesso canone che pagavano i charteristi».

Come potrà essere ripagato del danno di immagine che l’ha fatta figurare come un evasore?

«Sarà difficile perché i danni sono stati enormi. Innanzitutto il sequestro nel 2010 è avvenuto con una specie di assalto alla diligenza di 10-15 finanzieri. Mi sono sentito trattato come un criminale dal pm che ha disposto in quel modo il sequestro. Inoltre, nel momento in cui sei indagato e condannato, vai sul libro nero delle banche che non ti danno più crediti. Un’altra persona al mio posto sarebbe stata rovinata».Flavio Briatore, in una foto tratta dal suo profilo Instagram

Crede che nel processo abbia pesato l’invidia anti-ricchi di una parte della magistratura?

«Questo non lo posso sapere. Di certo, bastava leggere i documenti per non fare neppure il processo. In generale non capisco l’invidia sociale in questo Paese verso un imprenditore come me che investe e crea lavoro. Ora mi aspetto delle scuse dai tanti giustizialisti in Italia che mi hanno attaccato in modo vergognoso».

Qual è stato il momento più brutto in questa odissea?

«Il 27 gennaio 2021, quando il custode nominato dalla Corte d’Appello ha deciso in fretta e furia di mettere all’asta la barca, due settimane prima della sentenza della Cassazione. Dalla Corte d’Appello sostenevano che la gestione della barca comportasse allo Stato costi eccessivi. Noi abbiamo chiesto di cancellare l’asta e aspettare la Cassazione. Ma non c’è stato niente da fare. Può ben capire il danno finanziario subito con la vendita. Pur essendo sotto sequestro, la barca infatti ha sempre lavorato anche in questi anni, restando di proprietà della società armatrice».

La Cassazione poi ha annullato la confisca, quando però lo yacht era già stato venduto per 7 milioni e mezzo a Bernie Ecclestone, ex patron della Formula 1.

«È stata svenduta a un prezzo molto più basso di quello commerciale (circa un terzo, ndr). Ed è stato assurdo mettere in vendita un bene che non era dei giudici, ma di cui essi avevano solo affidato ad altri la custodia. Una vera ingiustizia».

Flavio Briatoro, in una sua foto InstagramÈ intenzionato a ricomprarsi la sua barca?

«È l’ultima cosa a cui penso oggi. Al massimo ne rimetterò a noleggio un’altra».

A tornare in Italia invece non ci pensa proprio per via della nostra giustizia?

«Questi processi così lunghi scoraggiano non solo me, ma qualunque imprenditore straniero dall’idea di investire in Italia».

In un Paese così quale presidente della Repubblica le piacerebbe avere?

«Io spero in Draghi: ci ha già salvato andando al governo, perché se avessimo come premier ancora l’avvocato di panna montata saremmo rovinati. Comunque mi sembra che solo ora i nostri politici abbiano scoperto che si deve votare per il capo dello Stato. E mi fanno arrabbiare quelli che ti prendono per i fondelli, votando Siffredi, Tizio, Caio».

Se proponessero a lei di fare il presidente della Repubblica cosa risponderebbe?

«Mi viene da ridere. La politica è fatta di gente teorica e io sono un pratico. Sono molto più bravo a creare posti di lavoro che non a spendere i soldi dei cittadini e buttarli dalla finestra, dove i politici sono specializzati. E poi: quando si mette a capo di un’azienda qualcuno, si sceglie il più bravo. Quando invece si sceglie un premier o un capo di Stato, non esiste la parola bravo. Esiste solo la parola poltrona».

Libero, 27 gennaio 2022

Condividi